Il Piccolo trattato sull’immensità del mondo è un antidoto alla società digitale, un’ode a una vita semplice e autentica, a un’esistenza spesa nella natura, un elogio della lentezza e un diario romantico contro l’ordine costituito: un pamphlet di disobbedienza naturalista.

Il Piccolo trattato sull’immensità del mondo (Piano B, 14 euro, 156 pag.) di Sylvain Tesson.  è un’opera che combina la narrazione di viaggi incredibili e l’argomentazione filosofica, l’esperienza e l’analisi: Tesson espone una vera e propria filosofia del camminare dove il viaggio è concepito come modo di comprendere il mondo e se stessi. Non appena l’ho avuto tra le mani, mi è subito venuto in mente Il Trattato del Ribelle di Ernst Junger, uno scritto fondamentale per “passare al bosco e farsi waldganger” contro l’oppressione tecnocratica o come la definiva Junger la tirannia del Grande Leviatano.

E anche per questa adorazione del camminare, a me particolarmente cara, ho ripensato ad un libro del passato che mi ha richiamato questo, Camminare, una rivoluzione di Adriano Labbucci. Insomma, è un libro per autentici “rivoluzionari” e “antimoderni” col sale in zucca, quelli che fanno dell’andare oltre una prassi quotidiana in cerca del bello e di quell’ignoto che la globalizzazione ha ridotto a un selfie.

Sylvain Tesson è un wanderer  – un viandante – moderno: un viaggiatore che ha come unico fine il viaggio stesso. Geografo di formazione, viaggiatore estremo per vocazione, all’età di venti anni compie il giro del mondo in bicicletta attraversando il deserto del Sahara, poi percorre l’Himalaya a piedi, 5.000 km in cinque mesi, successivamente viaggia a cavallo nelle steppe mongole, vive sei mesi in una capanna sul lago Baikal, poi dalla Siberia raggiunge l’India camminando.

Al ritorno da ogni viaggio scrive e pubblica i racconti delle sue avventure, le sue opere riscontrano un grande successo, i suoi viaggi straordinari sono raccontati in libri che hanno ottenuto i più prestigiosi premi letterari francesi (dal Premio Goncourt per il racconto del 2009 all’ultimo in ordine di tempo, il Premio Renaudot nel 2019). Un’altra particolare passione di Tesson, a cui è dedicato un capitolo di questo Piccolo trattato, è l’urban climbing ovvero arrampicarsi a mani nude sugli edifici fino al tetto. Con una predilezione particolare per le grandi cattedrali d’Europa, ed è a causa di questa passione che ha rischiato la vita, in una caduta rovinosa dall’altezza di 10 metri, il 20 agosto del 2014.

Il Piccolo trattato sull’immensità del mondo  (Piano B, 14 euro, 156 pag.) di Sylvain Tesson.  è un’opera che combina la narrazione di viaggi incredibili e l’argomentazione filosofica, l’esperienza e l’analisi: Tesson espone una vera e propria filosofia del camminare dove il viaggio è concepito come modo di comprendere il mondo e se stessi.

Il viaggio a piedi rivela la vera natura del mondo, l’opposizione tra essenza e apparenza e allo stesso tempo il camminare da soli nella natura apre una via per conoscere se stessi. Il viaggio a piedi è piena libertà di movimento, un esercizio di pazienza e perseveranza che arresta la fuga del tempo febbrile e snervante della civiltà moderna, e altresì stimola i ricordi immediati e involontari del viandante: Tesson propone una geografia della memoria, dove la memoria è concepita come spazio. Inoltre la marcia, favorendo l’osservazione della natura, alimenta l’immaginazione e la potenza della creazione. Il viaggiatore diventa una sorta di veggente che coglie l’universale nel dettaglio e riesce a sbarazzarsi di uno sguardo ordinario per dirigersi verso una comprensione ulteriore del mondo. 

Camminare permette di comprendere l’universo scoprendo piccole parti di mondo. Il viaggio suscita la meraviglia di fronte alla semplicità della natura. Questa “apologia” dello stupore la riscontriamo già in alcuni titoli dei capitolo che compongono: viaggiare contro il tempo, corpo e anima, la felicità del viaggio, le foreste del rifugio.

Il viaggiare di Tesson è distaccato da ogni rivendicazione politica o ideologica, non contesta nessun ordine ma è un atto gratuito senza altro fine che il viaggio stesso. Il primo movente del viaggio è la libertà, il viaggio permette di liberarsi e di essere libero.

“La lentezza rivela cose che la velocità nasconde”, “Il passo dell’uomo e la falcata del cavallo sono i migliori strumenti per misurare l’immensità del mondo” e soprattutto “uno spirito vergine è il miglior binocolo per esplorare orizzonti”. Se Massimo Scaligero scriveva nel 1968 2Rivoluzione, discorso ai giovani”, ai giovani oggi mi viene da dire: non abbiate fretta di crescere ma di viaggiare e soprattutto camminare. Anche con la fantasia e con i sogni. Perché un buon libro è talvolta la migliore e più significativa compagnia capace di resistere allo scorrere delle sabbie del tempo. Con il ricordo e con la scoperta.

Phot Credit: Depositphotos.

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