Per la Direttrice Masi della Fondazione Ravennantica: “molto più importante fare emergere valori che uniscono”.

A Treviso in una scuola media, due studenti sono stati esentati dal seguire le lezioni sulla Divina commedia, decisione presa a causa dei risvolti religiosi dell’opera, ritenuti in contrasto con l’Islam. Una notizia che ha dato adito a forti reazioni politiche, amplificate dal clima pre-elettorale di queste settimane.

Francesca Masi, direttrice della Fondazione Ravennantica, ente che gestisce in città anche Museo e Casa Dante, spiega all’Agenzia Dire che è “anacronistico vedere gli autori come contemporanei”. Certo il Sommo poeta “pone domande che sono contemporanee, sembra quasi venire dal futuro, ma è un uomo del ‘300”.

Senza dimenticare che “con lo stesso criterio dovremmo allora escludere” dallo studio e dalla lettura anche altre opere come i Promessi sposi e le favole come Biancaneve. Perdendo dunque, argomenta, “la dinamica dell’importanza della letteratura che è il contesto”.

Inoltre, prosegue Masi, Dante “non mette Maometto tra gli eretici, bensì tra gli scismatici”, riconoscendo dunque “la comune radice abramitica” tra cristianesimo e islamismo. Per il ghibellin fuggiasco “l’Islam, che non conosce se non attraverso fonti letterarie, è una forma scisimatica, una strada laterale rispetto allo stesso ceppo del cristianesimo”.

Ecco perché per la direttrice della Fondazione sarebbe “molto più importante fare emergere i valori che uniscono”. E su quelli ragionare. E così “aiutare tutti i cittadini, quelli di origine italiana e quelli che vengono da altri Paesi e saranno italiani, a comprendere l’evoluzione dei rapporti tra popoli”. Perchè, rimarca, “questo aiuta a fare integrazione vera”.

Come mette in luce Dante, ribadisce Masi, “ci sono elementi di comunità, una comune radice”. E poi nella Divina commedia vengono strapazzati anche papi e filosofi, ma Dante pone Averroè, filosofo musulmano, “tra i grandi spiriti sapienti”. Dunque, insiste Masi, in lui “non c’è nessun anti-islamismo, Dante guarda all’elaborazione teologica”.

Al Museo Classis “ci sono presenze arabe e macedoni che si rinsaldano in un’unica comunità”; di fronte alla Tomba c’è la lettura perpetua della Divina Commedia, anche il discusso XXVIII dell’Inferno e l’incontro con Maometto, tra l’altro affrescato da Giovanni da Modena all’interno di San Petronio a Bologna. “Significa rispettare il pensiero totale. Dante- conclude – guarda alla salvezza degli uomini attraverso il dialogo”.

Cristina Manetti di Casa Dante a Firenze: sia occasione di dialogo, non di scontro

Commentando quanto accaduto nella scuola di Treviso la presidente del museo Casa di Dante di Firenze Cristina Manetti, interpellata sempre dalla Dire, ha dichiarato “Da una situazione che si presenta come problematica e potenzialmente conflittuale può nascere invece una buona occasione di dialogo tra culture diverse, ma ugualmente degne di rispetto”.

La Manetti invita a stemperare le tensioni create, recuperando quello che è il merito culturale ed educativo della questione.

Andando dritta al punto evidenzia: “Il fatto che Dante, uomo dell’Europa cristiana formatosi nel Duecento che scrive a inizio Trecento, ponga Maometto tra i seminatori di scismi, è solo tipico della sua epoca, per lui il pensiero musulmano era solo una scelta o eresia divisiva rispetto al cristianesimo, mentre mostra il suo rispetto per quella cultura e per quella civiltà inserendo il personaggio del Saladino nel castello illuminato che accoglie i nobili magnanimi del limbo”.

“È il castello appunto degli ‘spiriti magni’ dove, d’altronde, Saladino alloggia in ottima compagnia di sovrani latini, scrittori, ma anche filosofi da Aristotele ad Averroè: pagani virtuosi che si sono distinti in vita per meriti morali e intellettuali”.

Pertanto, è il messaggio in bottiglia che lascia la presidente della Casa di Dante, “non è il caso di fare della questione uno scontro politico, culturale e di civiltà, ma piuttosto una proficua occasione di dialogo interculturale”.

Fonte: Agenzia DIRE

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