La recente deliberazione della Commissione Europea che fissa al 2035 ll termine per la commercializzazione di autoveicoli con motori endotermici sta animando un confronto sulle conseguenze di una tale direttiva, tra integralisti dell’ambientalismo e sostenitori di un approccio più pragmatico e rispettoso delle conseguenze sul piano economico e sociale. Le nostre perplessità.

il timore paventato da più parti, non solo dal settore interessato, è che un approccio integralista avrà conseguenze demolitrici sull’industria automobilistica europea in genere e su quella italiana in particolare. Per il nostro paese il settore industriale che ruota intorno all’automotive rappresenta  il 20% del PIL.

Lo scorso 23 febbraio anche FederManager si è impegnata sull’argomento presentando uno studio commissionato ad AIEE (Associazione Economisti dell’Energia).

Lo studio, a mio avviso, salta alcuni passaggi di premessa e si sviluppa all’interno della determinazione UE che da come unica soluzione possibile l’adozione dell’auto elettrica, ponendo l’area europea in una posizione di avanguardia ideologica rispetto al resto del mondo.

Una posizione che appare più politico-ideologica che razionale. Ci sono importanti punti su cui varrà riflettere, stante che una adesione così incondizionata può significare la messa in pericolo di circa 250 mila posti di lavoro (diretti e indotto).

Le nostre perplessità sul motore elettrico “a oltranza”

In conclusione, gli obiettivi di miglioramento ambientale non possono essere dimenticati ma è necessario che gruppi di potere schierati a prescindere lo consentano. Guardando a tutte le realtà del complesso problema. Le recenti dichiarazioni del Ministro Urso confortano in tal senso nel manifestare la consapevolezza su delicati aspetti di una tematica troppe volte appannaggio di opposte tifoserie.

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