Si fonda su tre principi di grande semplicità seppure di difficile realizzazione: vedere 3 alberi dalle nostre finestre, avere un 30% di copertura arborea in ogni quartiere delle città, godere della vicinanza di un parco a non più di 300 metri.  

A fronte di grandi sfide quali il cambiamento climatico ed il degrado ambientale, ma anche davanti alle difficoltà dei lunghi mesi di pandemia, è aumentata la consapevolezza dell’importanza degli alberi e degli spazi verdi urbani.

Il nostro pianeta subisce i danni del cambiamento climatico ed in particolare del surriscaldamento che lo rende sempre più invivibile. Stando così le cose gli alberi rappresentano lo strumento necessario ed efficiente per rendere tollerabile restare in città.

Gli alberi abbassano le temperature, migliorano la salute fisica e mentale delle persone, catturano CO2. Ma è possibile quantificare di quanti alberi si ha bisogno per rinfrescare una metropoli?

Basandoci su alcune delle ricerche più aggiornate in materia di foreste urbane, salute, benessere e cambiamento climatico, e sul lavoro di organizzazioni globali influenti come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è importante conoscere una nuova regola guida per pianificare ed organizzare la forestazione urbana: la regola 3-30-300.

Suo ideologo è l’olandese Cecil Konijnendijk, uno dei massimi esperti mondiali nel settore della silvicoltura urbana, ma soprattutto un appassionato di alberi e foreste che, da oltre trent’anni, studia e insegna la loro importanza per le nostre città.  Attualmente è co-direttore del Nature Based Solutions Institute, un think tank per l’ecologizzazione delle città di tutto il mondo.

Ha lavorato in oltre 30 Paesi, fornendo consulenza a governi nazionali e comunali e a organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite ed è professore onorario presso l’Università della British Columbia.

Una regola quella del 3-30-300 la cui realizzazione è certamente impegnativa. Portare alberi e natura direttamente nei quartieri, nelle strade e vicino alle case delle persone per sfruttare al massimo i loro numerosi benefici, non è per nulla semplice nei contesti cittadini di molte capitali europee.

Il primo elemento della regola è che ogni cittadino dovrebbe essere in grado di vedere almeno tre alberi (di dimensioni adeguate) dalla propria casa. Avere e vedere il verde vicino alle nostre abitazioni è estremamente positivo per la salute mentale e il benessere personale.

Secondo i teorici del 3-30-300 vedere il verde dalle nostre finestre ci aiuta a mantenere il contatto con la natura e i suoi ritmi, fornisce importanti pause dal nostro lavoro e può ispirarci e renderci più creativi.

In merito al secondo punto, il 30% di copertura arborea in ogni quartiere, si garantirebbe un maggiore raffreddamento e un migliore microclima. Diversi studi hanno sottolineato i benefici che il vivere e crescere in quartieri più verdi comporta per la salute mentale e fisica, con una notevole riduzione dell’inquinamento atmosferico e del rumore.

Creando quartieri più verdi si incoraggia la cittadinanza a trascorrere più tempo all’aperto, stimolando l’incontro con gli altri e la socialità.

Diverse città nel mondo hanno deciso di dare seguito a questo ambizioso progetto “green”, tra queste ricordiamo Barcellona, Bristol, Canberra, Seattle e Vancouver, che hanno fissato questo obiettivo di copertura arborea.

La ricerca tende comunque a sottolineare che il 30% dovrebbe rappresentare un traguardo minimo, puntando a una copertura ancora maggiore quando possibile. Dove è difficile che gli alberi crescano e prosperino, ad esempio nei climi aridi, l’obiettivo dovrebbe essere il 30% di vegetazione.

La sfida diventa trovare combinazioni di vegetazione e tipologie di spazi verdi che ottimizzino la salute, il clima e altri benefici in circostanze specifiche. Ciò richiede l’esperienza di forestali urbani, arboricoltori e altri per ottimizzare le risorse verdi locali”, spiega Konijnendijk.

Molti studi hanno evidenziato l’importanza della prossimità e dell’accesso facile a spazi verdi di alta qualità che possano essere utilizzati per la ricreazione, con camminate nella natura tra 5 e 10 minuti.

Lo stesso Ufficio Regionale Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda una distanza massima di 300 metri dallo spazio verde più vicino, che sia di almeno 1 ettaro. Questo incoraggia l’uso ricreativo degli spazi verdi con impatti positivi sia sulla salute fisica che mentale.

Naturalmente, sarà importante lavorare nel contesto locale. Ad esempio, le esigenze nelle aree suburbane a bassa densità saranno diverse da quelle nelle aree urbane più dense. Tuttavia, in tutte le località, bisogna fare sforzi per fornire accesso a spazi verdi urbani di alta qualità, come spazi verdi lineari che fungano anche da corridoi ciclabili e percorsi pedonali.

Laddove vi siano difficoltà materiali a poter creare spazi verdi pubblici di 1 ettaro di dimensione, soprattutto nei quartieri esistenti, pensiamo ad esempio ad alcune zone di Roma o Milano, a forte densità abitativa, una dimensione decente di 0,5 ettari dovrebbe rappresentare un minimo.

Ci tengono a sottolineare i curatori del lavoro che non dobbiamo sempre pensare agli spazi verdi come parchi. Spazi lineari come viali verdi con vegetazione abbondante, sedute e aree per giocare ed esercitarsi possono essere altrettanto efficaci. Le città spagnole offrono alcuni ottimi esempi di questo tipo di integrazione tra spazio pubblico e mobilità.

La regola del 3-30-300 è facile da comunicare e può generare interesse e supporto tra residenti, politici, aziende e altri stakeholder chiave.

La prima città ad adottarla ufficialmente è stata Malmö, in Svezia, e a seguire luoghi molto diversi tra loro: Haarlem in Olanda, Zurigo in Svizzera, Lima in Perù. Non è però un semplice problema di contabilità botanica, il conflitto tra spazi urbani e altri ecosistemi è radicato nell’essenza stessa delle città.

Oggi stiamo provando a cambiare il nostro sguardo, a trasformare le città in foreste, nonostante queste nascano in opposizione alla natura: erano letteralmente i luoghi dove la natura si interrompeva e iniziava la civiltà. Adesso però non possiamo più permetterci che sia così”, sottolinea Cecil Konijnendijk.

L’approccio 3-30-300 fornisce ai decisori locali strumenti semplici per valutare l’implementazione e il monitoraggio del verde urbano e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Ma è più di un concetto destinato ai comuni. È anche un approccio che permette ai cittadini di misurare facilmente la qualità ambientale del loro ambiente di vita.

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